Ci avviciniamo sempre di più al termine di questa stagione, alla definitiva conclusione di Once Upon a Time e onestamente sento di dover confessare che è partito già da tempo il countdown dei giorni che ci separano dal series finale.
Sono consapevole di essere una spietata orribile persona senza cuore, un Dalek privo di sentimenti, un Signore Oscuro dei Sith ormai totalmente devoto al Lato Oscuro della Forza. Ma davvero. I miei occhi, i miei nervi e la mia sopportazione non riescono più a reggere oltre questa soporifera e strascicata settima stagione che ci ha fatto rimpiangere amaramente tutti meravigliosi ricordi che ci ha regalato questo show che, grazie alle prime quattro stagioni, ci ha fatto sognare, stupire, emozionare e tornare di nuovo bambini, riesplorando quel mondo abbandonato delle fiabe, ma che ha conservato e conserverà sempre un posto specialissimo nel nostro cuore di adulti mai stanchi della magia e dei lieti fine.
Dopo una piacevole parentesi durata solo una manciata di episodi, Flower Child torna a riproporre i topoi caratterizzanti di quest’ultima stagione: la noia, la lagna e i momenti sogni d’oro.
Il focus viene posto su Eloise Gardner, in arte Gothel, e sul percorso che l’ha portata alla creazione della famigerata Congrega.
Scopriamo che, in realtà, non è una comunissima strega ma una ninfa degli alberi, con il frisé ai capelli verde-acqua, fatto con la piastra della Lidl che sponsorizza Paris Hilton, e la pelle dello stesso colore. Non appena è apparsa sullo schermo con il suo vero aspetto da ninfa, la mente è corsa veloce a creare una bizzarra associazione con la popolazione Na’vi di Avatar, anche se in versione sbiadita dai numerosi lavaggi in lavatrice senza Perlana, ma ho ben presto accantonato l’ardito pensiero in un angolo buio del mio cervello perché non mi sembrava proprio il caso di cadere in simili blasfemie.
La sua vicenda strappalacrime è quanto di più visto e riciclato ci sia nel mondo delle serie TV in generale: la comunissima storia di un’ingenua e credulona fanciulla che si fa abbindolare da vestiti di lusso e facili promesse di eterne amicizie piuttosto che ascoltare le sagge parole di sua sorella, diffidente nei confronti degli esseri umani.
E la piccola verdognola sorellina c’aveva visto giusto: le dolci e amichevoli fanciulle si rivelano essere delle bulle spietate che umiliano la nostra e le sterminano la famiglia.
La conseguente e logica vendetta è presto che servita e il Fato le riserva anche la piacevole – e telefonata – sorpresa di trovare un’alleata per la sua causa.
Nel mondo reale, Henry scopre finalmente di essere il padre di quella piattola saccente di Lucy, citando con il pathos tipico di un attore delle peggiori telenovelas sudamericane di cui mia nonna è tanto appassionata la celeberrima battuta di Lord Fener ne The Empire Strikes Back.
Se è stato un omaggio voluto o un puro e mero scopiazzo non ci è dato saperlo, ma dopotutto va bene anche così, senza rischiare di impelagarci in divagazioni filosofiche.
A quanto pare Jacinta/Cinderella è un’accumulatrice seriale, visto il quantitativo di ricordi e ciarpame vario che conserva negli scatoloni della Mulino Bianco, quelli presi al supermercato per trasportare la spesa in auto quando ti sei dimenticato di portare la busta riciclabile. Non commenterò il BL che ha amorevolmente inciso sulle scatole col pennarello indelebile, perché sarebbe come sparare sulla Croce Rossa in fiamme, ma non posso esimermi dal criticare pesantemente l’orrida scarpetta di cristallo zozzo e opaco che proviene dal suo fiabesco passato. Talmente lagnosa e piagnucolona da non meritarsi nemmeno una scarpetta decente. #karmaisabitch
D’altro canto, quel babbeo di Henry ha finalmente realizzato che le storie del suo libro potrebbero essere reali e che quindi la marmocchia aveva ragione fin dall’inizio. Bravo, Sherlock de noatri: ci hai messo solo 19 episodi. Eccolo quindi che si organizza con tanto di lavagne per gli appunti, fotografie, fili rossi, puntine e teorie come un profiler esperto che la BAU di Criminal Minds può solo venire a spicciargli casa.
La coppia più lagnosa e melensa del reame finalmente si bacia, ma nessuna maledizione viene spezzata. Cosa sarà successo?
Henry non crede ancora totalmente al mondo delle fiabe? Esiste un’altra scappatoia di cui nessuno è a conoscenza? Sono talmente piagnucoloni e tonti da non meritarsi nessun ritorno di memoria e conseguente happy ending? O il loro non è un vero One True Love, vista la chimica pari a quella che avrebbe Lord Voldemort con uno spray nasale?
Boh.
Per il momento brancoliamo nel buio e forse troveremo risposte negli ultimi episodi.
Sicuramente nei primi minuti della 7×20 verremo a conoscenza di cosa ha scatenato/risvegliato il misterioso rituale che è stata costretta a compiere Tilly sotto le minacce di Gothel: la nostra malvagia hipster, piena di treccine e vestita di stracci peggio di quelli che i vip sfoggiano con nonchalance al Coachella, tiene in ostaggio Hook. Tra una ciarla e l’altra, Gothel sgancia la bomba e le rivela l’identità dei suoi genitori.
Speriamo che basti il pugno di episodi che rimango per una chiusura dignitosa di uno show che, nonostante tutto, ha un posto speciale nel cuore di ognuno di noi.